DON LORENZO MILANI: Esperienze pastorali

M.A.S.C.I. dell' Emilia-Romagna

La tesi del libro: Datemi 10 anni di scuola popolare e vi riempirò la chiesa di gente dalla fede consapevole. I contadini di montagna se non conoscono la parola degli uomini, come possono capire quella di Dio?
La diocesi di Firenze, negli anni ’50, stava vivendo una fortunata primavera: don Facibeni (1), mons. Bensi (2), padre Ernesto Balducci (3) e il sindaco La Pira, in quegli anni consentivano di non allinearsi col pensiero omologante, politico o ecclesiale che fosse. In questo contesto nasce il libro profetico di "Esperienze pastorali", il cui autore aveva avuto un’infanzia priva di esperienze religiose: entrato in seminario, era passato dall'agnosticismo più totale alla vita sacerdotale.
Don Lorenzo accettò subito le dure regole di quella vita, senza nulla perdere dell'acutezza con cui individuava le linee di tendenza nelle mode e nella cultura del tempo, così da godere il privilegio della preveggenza che gli permetterà un linguaggio diverso dall'usuale. Non volendo acriticamente accettare verità precostituite, don Milani, studia le cause che determinano il distacco della Chiesa istituzionale dai credenti, attraverso un metodo scientifico che produrrà le statistiche e i grafici inquietanti che il libro riporta. Giudicato rivoluzionario e d'incerta dottrina, "Esperienze pastorali", scritto tra il ’50 e il '58, tratta della "pastorale" del cappellano di S. Donato di Calenzano – nel Mugello - che molti autorevoli studiosi considerano il più originale e significativo studio di sociologia religiosa del secolo, in occidente.
Per prevenire critiche e attacchi previsti, don Milani cercò una prefazione "autorevole" dapprima in mons. Montini (il futuro Paolo VI) ma poi finì per preferire mons. Giuseppe D'Avack, arcivescovo di Camerino. Il libro uscì con il "nulla osta" del revisore ecclesiastico (padre Reginaldo Santilli: “Lo scrittore di quel libro non era un ribelle e molto meno un rivoluzionario mancato. Era un figlio obbediente della Chiesa e aveva tutte le carte in regola con Dio e con la sua coscienza”) e con l'imprimatur del cardinale Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze.
Nonostante ciò "Esperienze pastorali" venne ritirato dal commercio con Decreto del Santo Uffizio il 18 dicembre 1958, perché dichiarato "inopportuno". Civiltà cattolica, rivista dei Gesuiti, stroncò il libro; l'Osservatore Romano non gradì i consensi accordati da certa stampa comunista. Numerosi furono invece i giornali e i periodici cattolici favorevoli: "L'Italia", "L'Avvenire d'Italia", "Il Popolo", "Il Giornale del Mattino", "Il focolare" di don Facibeni, "Adesso" di don Mazzolari, "Politica" di Pistelli (4), "La SS. Annunziata" di padre Turoldo, "Questitalia" di Dorigo (5), e altri ancora.
Del libro don Primo Mazzolari scriveva: "Non mancheranno i lettori scandalizzati, reclutabili facilmente tra quelli che non hanno mai fatto cura di anime... In genere, gli scritti dei parroci rurali fanno paura per la loro poca educazione nel dire le cose che vedono”.
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Nel libro don Lorenzo analizza i comportamenti della gente di S. Donato, un campione "privilegiato" per comprendere la grande tragedia storica della Chiesa cattolica che rischiava di rimanere culturalmente e sociologicamente tagliata fuori dai ritmi di una civiltà industriale. In collaborazione con contadini, disoccupati, giovani tessitori, casalinghe, muratori e zitelle, dirà in sintesi, parlando della loro religiosità: "... una religione così non vale quanto la piega dei pantaloni".
Agli occhi della classe lavoratrice la Chiesa (o più propriamente la gerarchia ecclesiastica fino ai preti), viene ritenuta responsabile di tale situazione in quanto sostenitrice di un governo democristiano e di una classe padronale che nulla ha da condividere con i poveri. Occorre dunque che il sacerdote cattolico si scrolli di dosso la sua appartenenza e si presenti nei panni di un prete povero, giusto, onesto, distaccato dal denaro e dalla potenza della Confindustria, dal Governo; sia capace di dir pane al pane senza prudenza, senza educazione, senza pietà, senza tatto, senza politica, così come sapevano fare i profeti o Giovanni il Battista.
Così don Milani vuole affrancare la sua gente dal mito, dalla superstizione e dall’abitudine che hanno soppiantato la fede con incrostazioni non cristiane. Gli episodi raccontati sono rigorosamente documentati come pure le statistiche, la storia della parrocchia, i metodi catechistici, i Sacramenti e la frequenza nel riceverli: tutto diventa un'autocritica sugli atteggiamenti, i metodi, le cause che hanno impedito al prete di essere con il suo popolo.
“Il catechismo che ricevono i ragazzi non lascia nessuna traccia di sé al di là dell’età infantile (pag. 51) … Qualsiasi sforzo del prete, della maestra, delle associazioni cattoliche o comuniste è, a nostro avviso, completamente buttato via (pag. 45) … I continui, insistenti chiarimenti del prete non scalfiscono nulla (pag. 50)… Il problema dell’istruzione religiosa dipende strettamente dal problema dell’istruzione civile … Se l’istruzione religiosa nel nostro popolo è parsa fino ad ora una chimera… è solo per mancanza del mezzo indispensabile, cioè un minimo di preparazione linguistica e di logica (pag. 51), cioè la parità sociale col resto del mondo … Da bestie si può diventare uomini e da uomini si può diventare santi. Ma da bestie a santi d’ un passo solo non si può diventare (pag. 326). Un’attività direttamente sacerdotale mi è preclusa dall’abisso di dislivello umano e perciò non mi sento parroco che nel fare scuola (pag. 201). Finché non si è risolto questo, inutile (inutile!) leggere le Beatitudini. Chi sa volare non deve buttar via le ali per solidarietà coi pedoni, deve piuttosto insegnare a tutti il volo (pag. 192), deve elevare il povero ad un livello superiore (pag. 239). Da qui nasce l’idea della scuola popolare di San Donato (pag. 223) che ha soprattutto dovuto lottare contro il mito della ricreazione, moda degli oratori dell’epoca: bestemmia del tempo passato al cine, al bar, alla partita di calcio o sui giornaletti…, tempo perduto e sterile, tutto un’immensa frode (pag 134 ss), tempo molto più costoso (un campo da calcio costa 11 milioni di lire, i dischi per imparare l’inglese 33 mila lire) di quello della scuola di S. Donato (pag. 234).
Il prete, spesso figlio di operai, è segregato e istruito per anni nei seminari perché abbandoni la sua formazione di uomo della gente ed entri nella schiera degli intellettuali, passando quindi all’altra sponda, quella dei signori che bisogna servire da cima a fondo: il suo linguaggio diventa così la lingua dei ricchi, non più quella del popolo di Dio, i poveri. I giornali che legge, raccomandati dall’alto, lo confermano nella sua formazione (pag. 217). Finisce per non avere a cuore quella verità “senza parte” che sempre bisogna dire sia che faccia comodo alla ditta, sia che le faccia disonore (pag. 269). Non immagina neanche che per essere educatori bisogna schierarsi coi poveri e vibrare di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale (pag. 241). Preferisce vendere gazzose nel bar parrocchiale, lui che possiede l’Acqua che disseta per l’Eternità (pag. 244). Conosce, il prete, come vive nelle case il suo popolo? Come molti sono costretti a dormire in poche stanze? (pag. 371ss). Quel prete sa del lavoro dei suoi? Se regolare o no, chi è disoccupato e di chi la colpa di tutto questo? (pag. 413ss). Ha raccomandato qualcuno a un datore di lavoro, contravvenendo alla legge? (pag. 149). Sa perché le famiglie della sua parrocchia se ne vanno via, appena possono, verso la città, e altre sopraggiungono al loro posto? (pag. 275ss). Sa se troveranno in città una guida spirituale? No, spesso troveranno nulla più di un funzionario (pag. 339) pronto a far domande sulla tessera del partito e a negare assoluzioni, anziché disporre il penitente al perdono. “Da che funziona la Scuola Popolare fra i molti giovani che fanno la Comunione la domenica sono in prima fila gli operai, in seconda fila i contadini, ultimi o assenti i borghesi” (pag. 121).
Da “Esperienze pastorali” testi suggeriti: Don Lorenzo padre/figlio dei suoi ragazzi (pag. 235-238). Lettera aperta a un predicatore e la scomunica ai comunisti (pag. 265-274). Lettera a don Piero: come distruggere da dentro un uomo (pag. 443-474).
    •    Prete e antifascista italiano, fondatore dell'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, orfanotrofio costruito con il contributo degli operai delle Officine Galileo. E’ annoverato tra i Giusti tra le nazioni per la sua opera a favore degli ebrei a Firenze durante l'Olocausto.  
    •    Prete e uomo di cultura fiorentino, punto di riferimento per l’associazionismo cattolico; amico di La Pira e don Milani.
    •    Prete e uomo di punta del cattolicesimo, fondatore di Testimonianze.
    •    Assessore a Firenze con Giorgio La Pira, Nicola Pistelli è stato uno dei leader storici della sinistra democristiana del tempo e per anni protagonista della politica fiorentina.
    •    Wladimiro Dorigo, partigiano, dirigente dell’Azione Cattolica con Carlo Carretto e Arturo Paoli, credeva in un dialogo tra forze cattoliche e forze socialiste; dialogo osteggiato, in quegli anni, da Fanfani e dal Vaticano.

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